- Franco Stefanini
La disorganizzazione che uccide: se il pronto soccorso diventa un inferno

Valter è un appuntato dei carabinieri, in servizio al comando provinciale di Alessandria. In una notte di freddo mordente, mentre è di piantone, inizia a sentire dolore al petto, alla spalla e al polpaccio sinistro. Un collega si offre di sostituirlo, ma lui niente, “nei secoli fedeli”. Quando però, di prima mattina, torna a casa, la moglie e la figlia chiamano un'ambulanza, allarmate. In pronto soccorso lo registrano come codice verde (cioè caso non grave). Lo visitano e lo lasciano su una barella, tra i pazienti da tenere in osservazione. Muore poco dopo.
Mario vive a Bologna, ha 79 anni e una forma grave di leucemia. Anche lui entra in pronto soccorso come codice verde, perché i suoi valori glicemici sembrano a posto. Lo lasciano sette ore su una barella, a tremare per il freddo e il malessere. Quando finalmente lo visitano, anziché guardare la cartella clinica gli chiedono “Perché è qui?”, ma lui, in stato confusionale, non è più in grado di rispondere. Muore poco dopo. Può darsi che il suo destino fosse comunque segnato, “però – riflette con amarezza la figlia – avrebbe avuto diritto a un trattamento dignitoso”.
Rocco, 50 anni, viene ricoverato al pronto soccorso di Benevento per un malore. Lì il tempo smette di avere senso e si trasforma in un assurdo, infinito stillicidio. Dopo più di tre giorni Rocco è ancora lì, fermo su una lettiga, senza nemmeno una coperta, perché in reparto non ci sono letti a sufficienza. I parenti lo trovano morto.
Che cosa trasforma un pronto soccorso in un girone infernale?
La fretta, la superficialità (che talvolta diventa vera sciatteria), la scarsa capacità di ascolto, la cattiva comunicazione, la poca cooperazione tra professionisti di ambiti diversi, oltre all'ormai endemica mancanza di posti letto.
Un “falso mito”? Il tormentone del sovraffollamento per accessi impropri.
Questi, stando a un'indagine condotta dall'Anaao (sindacato dei medici ospedalieri) non supererebbero il 24% e assorbirebbero appena il 15% del tempo di lavoro.
Dunque, seppur con alcune eccezioni, il principale morbo che affligge i pronto soccorso d'Italia ha un nome: disorganizzazione. Ci sono, naturalmente, professionisti che danno il massimo, con competenza, impegno e abnegazione. Ma è evidente che il sistema è pieno di falle. E a denunciarlo sono le troppe storie simili che possiamo unire, come puntini, da Nord a Sud: storie di visite approssimative, di poca igiene e qualche volta di condizioni inumane. Un doloroso capitolo, poi riguarda i tempi d'attesa.
Per un codice giallo, situazione già grave, ci sono attese di due ore, quattro per un codice verde. Ma c'è anche chi ha trascorso 60 ore aspettando una visita.
Fonti
La Stampa: Fino a 60 ore di attesa nei pronto soccorso. http://www.lastampa.it/2017/03/23/italia/cronache/fino-a-ore-dattesa-nei-pronto-soccorso-kIdbOSJcM67k6h4ZAY3rDN/pagina.html
Il Secolo XIX: Muore in barella al pronto soccorso http://www.ilsecoloxix.it/p/basso_piemonte/2017/01/05/ASbcfOpF-soccorso_pronto_barella.shtml
Il resto del Carlino: Muore dopo sette ore d'attesa. http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/morto-pronto-soccorso-sant-orsola-1.2846989
Ntr24: Benevento, muore al pronto soccorso. La famiglia “Abbandonato su una barella”
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